La sindrome di Down è una condizione caratterizzata dalla presenza nel patrimonio genetico di un individuo di tre copie del cromosoma 21, anziché due. Questo particolare assetto cromosomico comporta un ritardo di grado variabile dello sviluppo mentale e fisico della persona.
Nell’immaginario collettivo il soggetto che ha la Sindrome di Down è raffigurato come un eterno bambino da proteggere.
Non a caso una delle domande più frequenti ed angoscianti che si pongono i genitori sin dalla sua nascita è: “che ne sarà di questo figlio speciale dopo di noi”? Solo da pochi anni si sta prendendo coscienza che esiste una “adultità” anche per le persone affette da trisomia 21 e per tale motivo, sin dalla sua nascita la finalità di ogni intervento riabilitativo, educativo e sociale è mirato non all’assistenzialismo, ma all’integrazione e all’autonomia.
Gli stereotipi nei riguardi della sindrome di Down si traducono in ostinati divieti culturali ad andare verso il “mondo dei grandi” che si manifestano (inconsciamente) soprattutto di fronte alle persone Down, quasi emblema di tutti i disabili mentali, che potrebbero diventare uomini semplici e che invece, vengono trattenuti in una infanzia perenne [Montobbio, 2005].
Storica in Italia l’approvazione della legge n°112 del 2016, detta anche legge sul “dopo di noi”, che tutela il benessere, la piena inclusione sociale, favorisce l’autonomia delle persone disabili e supporta le famiglie in prospettiva futura con incentivi, fondi pensionistici ed inserimento lavorativo mirato. Infatti, con l’allungamento delle aspettative di vita delle persona con sindrome di Down sono stati creati progetti integrati che tengono conto degli aspetti clinici, riabilitativi, educativi e psicosociali per i diversi cicli di vita. Ciò ha comportato modifiche nei servizi e maggiori investimenti territoriali per la creazione di spazi nel mondo del lavoro. Ad esempio nei centri socio educativi oltre alle attività animazione, socializzazione, psicomotricità, laboratori manipolativi (grafici, pittorici, ceramica, culinari) si affiancano con stipule di convenzione attività sportive anche agonistiche, ippoterapia, tirocini formativi.
Affrontare il tema del lavoro inizia a dare significato al “divenire adulti” delle persone con Sindrome di Down. Era impensabile in passato andare al bar e ritrovarli come barista, commessi, collaboratore scolastico, operaio, aiuto cuoco, magazziniere, guardarobiere, ministranti in chiesa, protagonisti di trasmissioni televisive, atleti, attori, modelli, giardinieri. E non solo, oggi essi vivono da soli, si laureano, si innamorano e si sposano.
Nulla di cui meravigliarsi, i portatori di handicap, di solito, vivono in famiglia e come tutti, ad un certo punto sentono il bisogno di vivere ed esprimersi in un ambito sociale allargato avendo un ruolo reale e eternamente infantile. Qualora le patologie secondarie correlate alla sindrome non siano causa di impedimento lavorativo, si può pensare a percorsi di inserimento professionale.
L’inserimento lavorativo delle persone Down non si costruisce ad una età anagrafica prestabilita, ma è il risultato di un percorso educativo-affettivo ed esperienziale che si realizza passo dopo passo accompagnandolo (spogliandosi dei pregiudizi verso la categoria Down) verso la costruzione del proprio Sé. Spesso, la morfologia della persona Down suscita tenerezza, istinto di protezione e questo ci porta a relazionarci nei loro confronti in modo asimmetrico, con un surplus di gestualità affettiva e atteggiamenti che non tengono conto della loro adultità, usando, ad esempio, un registro espressivo infantile, accarezzarlo di continuo, viziarlo, non punirlo quando va fatto, in primis da parte dei genitori, dai familiari e poi dagli insegnanti,e questo può rallentare i margini di autonomia. Con l’assegnazione di ruoli sociali attivi si offre sia alle persone con Sindrome di Down, sia all’intera società, un’opportunità di approfondimento sulla cosiddetta diversità, contrastando l’infantilizzazione culturale che ostacola l’integrazione [Montobbio 2003].
I professionisti dell’educazione che accompagnano la persona con Sindrome di Down verso l’età adulta devono trasformarsi, come sostiene Lepri, in compagni di viaggio che orientano, ma che non si sostituiscono mai a lui, nelle scelte, orientamenti. Essi devono essere sempre i protagonisti della propria esistenza e riappropriarsi dei loro tempi perché, di solito, il tempo è occupato da attività ludico-contenitive decise da altri.
Notevole impulso all’inserimento lavorativo è stato promosso dalle due docu-fiction Hotel 6 Stelle andati in onda su Rai3 nel 2014, che hanno permesso di mostrare al pubblico televisivo le reali capacità e le potenzialità dei ragazzi con sindrome di Down, rafforzando il concetto che anche le persone affette da tale sindrome possano lavorare ed essere parte attiva della società.
Oggi sono diversi gli enti, le aziende e le realtà lavorative che hanno aperto le loro porte ai lavoratori con sindrome di Down, con iter formativi di tutoraggio con personale adeguato, perché le attività occupazionali non devono essere contenitori per “riempire il tempo”, ma modalità di espressione, per costruire l’autonomia, la crescita personale e relazionale. Garantire un buon equilibrio psicofisico è indispensabile per l’emergere di deficit della memoria, possibili demenze con l’avanzare dell’età , in quanto il livello cognitivo è correlato a fattori ambientali come la scolarità, le sollecitazioni [Bargagna 2003].
L’inclusione passa anche attraverso i messaggi pubblicitari di cui sempre più spesso stanno diventando protagonisti le persone con disabilità rappresentate in scene di vita quotidiana. L’esposizione mediatica contribuisce a creare accettazione e a incentivare i genitori a costituire un progetto per il futuro del proprio figlio. Ne sono esempio una ragazza australiana con la sindrome di Down, Madeline Stuart diventata modella, l’italiana Nicola Orlando atleta paralimpica e protagonista di un talent show dedicato al ballo e alla danza e lo spagnolo Pablo Pineda, primo laureato in Europa e oggi insegnante ed attore spagnolo.
Molto importante è anche il contributo dell’Associazione Italiana Persone Down ( AIPD), nata a Roma nel 1979, che rappresenta il punto di riferimento per le famiglie, le professioni educative, gli operatori sociali, sanitari e scolastici. Per stimolare e sostenere la crescita nell’autonomia e per favorire il cambiamento dalla condizione di bambino a quella di adulto l’associazione organizza corsi di educazione all’autonomia chiamato anche “Club dei ragazzi”; questo è rivolto agli adolescenti con sindrome di Down tra i 15 e i 20 anni con l’obiettivo di sviluppare le seguenti 5 aree educative:
- COMUNICAZIONE: saper chiedere informazioni, saper dare i propri dati;
- ORIENTAMENTO: individuare i punti di riferimento;
- COMPORTAMENTO STRADALE :attraversamento, sulle strisce e al semaforo;
- USO E VALORE DEL DENARO: riconoscimento, conteggio,resto.
- USO DEI SERVIZI: corrispondenza prodotto-negozio, supermercati, bar, cinema, bowling, uffici postali.
Un altro progetto avente l’obiettivo di favorire l’autonomia abitativa è la realizzazione di gruppi appartamento che dà la possibilità di soggiornare in appartamenti, per il fine settimana o per viverci. (“progetto Casapiù”). A Vicenza una iniziativa innovativa è “Fuori di Zucca” che correla un’attività di sostenibilità agricola e il completamento di un percorso di apprendistato di persone con Sindrome di Down che gestiscono il negozio.
L’integrazione sociale delle persone con sindrome di Down, deve essere un’opera quotidiana e costante di sensibilizzazione, ricerca e collaborazione fra i servizi e le diverse Istituzioni, poichè sono proprio le rappresentazioni sociali inadeguate e distorte che categorizzano le persone Down come malate, esentate dai ruoli sociali (marginalizzazione), o come bambini perenni (infantilizzazione).
Il 21 marzo è stata istituita la giornata mondiale per le persone con Sindrome di Down per ribadire che ogni individuo senza distinzione di struttura genetica, somatica o neurologica deve poter realizzare a pieno il proprio essere persona.
Bibliografia
Bargagna S., F. Massei, 2003, Un progetto integrato per la sindrome di down. Aspetti clinici, riabilitativi e psicosociali Tirrenia ( Pisa), Edizioni Del Cerro
Canevaro A., Balzaretti C., Rigon G., 2000, Pedagogia Speciale dell’integrazione, Scandicci ( Fi), La Nuova Italia
Ferrucci F.,2006, Disabilità e politiche sociali, Milano, Franco Angeli
Medeghini R.,2006 Valtellina E., Quale disabilità. Culture, modelli e processi di inclusione, Milano, FrancoAngeli
Montobbio E., Lepri C., 2000, Chi sarei se potessi essere– La condizione adulta del disabile mentale, Tirrenia ( Pisa), Edizioni Del Cerro
Montobbio E., Navone A.M.,2003, Prova in altro modo. L’inserimento lavorativo socioassistsenziale di persone con disabilità marcata, Tirrenia ( Pisa), Edizioni Del Cerro
Zonta R. Bettinoni S. ,1997, Operare nel Sociale, Cremona, Editore Padus
Sitografia
http://www.anffasms.it/progettocasapiù
http://www.disabilitaintellettive.it/
www.fattoriafuoridizucca.it
http://www.gazzettauffiaciale.it LEGGE 22 giugno 2016, n. 112. Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità’ grave prive del sostegno familiare. (GU Serie Generale n.146 del 24-06-2016)
http://www.handylex.org/stato
https://www.superabile.it/cs/superabile/vivere-fuori-casa-prove-di-autonomia-per-gli-adulti-down.html