Negli anni Sessanta, l’esperienza psichedelica (ne parliamo anche qui) risultava essere relegata ai margini della ricerca sperimentale e le opinioni dei professionisti della salute mentale (psicologi e psichiatri) si basavano, perlopiù, sui titoli dei giornali (cfr. Grof, 1970). In questo contesto, Claudio Naranjo – psichiatra e antropologo cileno – fu tra i primi ricercatori ad occuparsi dell’effetto potenzialmente terapeutico di alcune sostanze psichedeliche. Ad oggi, Naranjo è considerato tra i più importanti esponenti della terapia della Gestalt e della Psicologia Transpersonale1: nel corso degli anni egli ha, infatti, esplorato gli effetti di più di trenta sostanze psicoattive da utilizzare come possibili supporti terapeutici. Parliamo di sostanze differenti dagli psichedelici classici in quanto non presentano i profondi effetti di disorganizzazione della psiche che vengono prodotti, invece, nel caso di assunzione di LSD, mescalina o psilocibina (ibidem).
Molte di queste esperienze terapeutiche e delle relative osservazioni critiche sono state raccolte da Naranjo in “Viaggio di Guarigione”, testo che rappresenta un tentativo di spianare la strada allo sviluppo e all’utilizzo delle terapie psichedeliche. In particolare, lo psichiatra descrive quattro composti, divisibili in due categorie: amplificatori di sensazioni (MDA e MMDA) e amplificatori di fantasie (Ibogaina e Armalina). Si tratta di sostanze “psichedeliche non-psicotomimetiche”: hanno, cioè, un forte effetto espansivo sulla mente ma non provocano manifestazioni psicotiche. Tali composti presentano, in altre parole, la peculiarità di facilitare l’accesso a processi, sensazioni o pensieri che emergono da uno stato di non-consapevolezza. Per utilizzare le parole dello stesso Claudio Naranjo: “la sostanza rende semplicemente più manifesta la psiche di una persona”. Per comprendere il senso di questa affermazione bisognerebbe, forse, immaginarsi seduti nella stanza del terapeuta e guardare alle esperienze di picco indotte artificialmente da tali sostanze come una “momentanea liberazione” da quelli che sono, in realtà, i conflitti psichici degli individui.
Gli effetti della prima sostanza di cui lo psichiatra cileno ci parla, l’MDA (metilendiossiamfetamina), includono un aumento delle sensazioni, delle funzioni comunicative e di quelle riflessive. Un esempio in particolare è rappresentato dal fenomeno visivo di “regressione all’età”, ovvero una situazione in cui vengono ri-vissuti eventi passati in modo molto vivido. Sembrerebbe che l’MDA conduca ad uno stato in cui l’individuo diviene in grado di accettare in modo incondizionato le proprie esperienze e grazie al quale sia possibile giungere ad un aumento dell’esperienza conscia dell’essere se stessi. Una progressiva ri-assimilazione degli eventi ricordati è in grado di condurre, cioè, ad un cambiamento nel presente dei sentimenti ad essi correlati. Tale cambiamento, a sua volta, riveste una grande importanza nella presa di coscienza della propria esistenza. E’ stato riportato, ad esempio, come molti soggetti durante le sedute con MDA si siano espressi con «Io sono! Io sono! Io sono!» [Naranjo, 1973]. E’ come se preoccuparsi del passato significasse preoccuparsi di qualcosa che, inevitabilmente, ha le sue ripercussioni sul presente (ibidem). Tuttavia, gli eventi che riemergono si presentano spesso come ricordi angoscianti e gli individui tendono a mettere in atto dei meccanismi di difesa per poter contrastare una conoscenza di sé che non si è in grado di accettare. Infatti, ci ricorda Naranjo, spesso i pazienti non sono in grado di arrivare fino in fondo e “guardare la cosa reale”. «Anche dietro alla battaglia contro il drago c’è la scoperta che il drago è solo un’illusione, e comprendere questo significa uccidere il mostro»[Ivi].
La seconda sostanza di cui Naranjo ci parla è l’MMDA (da non confondere con la più nota MDMA), il cui focus attentivo è incentrato più sul presente che sul passato. La corrispettiva esperienza di picco è, infatti, caratterizzata dall’esperire il momento presente come gratificante. Vi è una più generale accettazione della realtà senza dolore né attaccamento: le relazioni negative quotidiane vengono allontanate e sostituite da un’accettazione incondizionata della realtà. La felicità, in altre parole, non sembra dipendere troppo dalle circostanze quanto, piuttosto, dall’esistenza stessa (ibidem). E’, quindi, importante lavorare per rendere più conscio possibile lo stato mentale raggiunto, confrontandolo continuamente con le reazioni tipiche del soggetto agli stimoli che gli si presentano nel vivere quotidiano, in modo da poter apprendere un nuovo modo di reagire. Tuttavia, se l’esperienza di picco costituisce il paradiso dell’MMDA, gli effetti sul potenziamento sensoriale possono costituire, a volte, il suo inferno. E’, infatti, possibile che il soggetto esperisca ansia e malessere a causa di un accesso decisamente più immediato ai sintomi provenienti dal rifiuto e dalla distorsione.
Su un piano diverso si collocano, invece, gli effetti dell’Armalina. Utilizzata spesso in alcune culture stanziate presso le sorgenti del Rio delle Amazzoni e dell’Orinoco, essa sembra evocare esperienze di tipo transpersonale e fortemente simboliche (simili agli archetipi Junghiani2). L’esperienza di picco dell’Armalina comprende un forte senso di energia e allo tempo una situazione di tranquillità. I soggetti esperiscono, infatti, un generale stato di rilassamento accompagnato da immagini molto vivide che, a tratti, sembrano essere sequenze oniriche. L’idea terapeutica che ne sta alla base è che porre l’attenzione su tali immagini favorisca la comprensione del loro significato. Se non guidate in modo opportune da un terapeuta, tuttavia, le sequenze potrebbero essere interrotte in momenti cruciali. Ciò interferirebbe con il processo di decifrazione dei simboli e, di conseguenza, i conflitti psichici rimarrebbero irrisolti.
Episodi analoghi, ma meno puri sul piano visivo-simbolico, sono prodotte dall’Ibogaina: l’esperienza non si manifesta tanto nel simbolo visivo, quanto invece nelle forme motorie che esso esprime (come balli, rituali, il suono di tamburi). Tuttavia, l’Ibogaina non permette la rievocazione di accadimenti ma, differenza dell’MDA, di fatti interiori o fantasie, ad esempio l’immagine che il soggetto ha dei propri genitori (ibidem).
Al di là di quale sostanza venga utilizzata, tuttavia, Naranjo stesso sottolinea la cruciale importanza della figura dello psicoterapeuta. Sembra, infatti, che la possibilità di vivere esperienze “paradisiache” (ovvero positive) ed esperienze “infernali” (negative) durante una seduta sotto effetto di sostanze psichedeliche, dipenda molto dall’individuo, dall’ambiente e, soprattutto, dal rapporto con il terapeuta e dai suoi interventi. Da un lato, dunque, ammettiamo che i contenuti maggiormente significativi per la crescita di un qualunque percorso psicoterapeutico risultino essere, spesso, intraducibili ed inenarrabili. Dall’altro, riprendiamo in mano l’importanza e il significato delle parole che, se ben scelte e sentite, ci permettono di accedere alle nostre impervie storie di vita. Ci permettono, cioè, di “toccarci il corpo con la mente” (Veglia, 1999).
Info
1 Approccio che si occupa dello studio e della cultura della spiritualità e delle esperienze spirituali in un contesto psicologico
2 Gli archetipi sono i resti, uguali in tutti gli uomini, di un’umanità antichissima, il patrimonio comune ereditario e intatto da ogni differenziazione ed evoluzione, donato agli uomini al pari della luce e del sole e dell’aria (cfr. Jung, 1912)
Bibliografia
Naranjo C. (2016). Viaggio di guarigione. Il potenziale curativo della terapia psichedelica. Edizioni Spazio Interiore, Roma
Veglia F. (2012). Storie di vita. Narrazione e cura in psicoterapia cognitiva. Bollati Boringhieri Editore, Torino
Jung C.G. (1912). La libido simboli e trasformazioni. Newton & Compton Editore, Giugno 2006
Sitografia
Lattauta P.L., Che cos’è la psicologia transpersonale?: http://www.psicologia-psicoterapia.it/