Metodo analogico: quando la matematica a scuola non è più un problema

 

Fin dalla nascita tutti abbiamo a disposizione un potente strumento: la mano. Ed è grazie alle mani che possiamo contare, calcolare, quasi come fossero un computer analogico. I bambini, già in età prescolare, sono in grado di compiere operazioni con le quantità solo se presentate in modo tale da poter essere affini alle caratteristiche della loro mente, perché il calcolo mentale e di numerosità è differente dalla semplice notazione dei numeri e dal calcolo scritto.
Eppure, per decenni è prevalsa la teoria – sostenuta dagli studi di Piaget – secondo cui il concetto di competenza numerica dipendesse dall’intelligenza generale del bambino e fosse connessa ad un ragionamento logico ed astratto, non acquisibile prima dei 6/7 anni. Infatti, la generalizzazione secondo la quale il pensiero logico-razionale risulti più complesso e ostico rispetto al pensiero linguistico-creativo, ha favorito, negli anni, l’epidemica idea che contare, fare calcoli, risolvere problemi, fosse una cosa difficile e per pochi eletti.

Al contrario, negli attuali indirizzi di ricerca – tra cui figurano i neuropsicologi Butterworth e Dehaene – viene dimostrato che i bambini nascono con una spiccata intuizione e genialità per i numeri e che il senso del numero è qualcosa di innato, localizzato in strutture cerebrali specializzate e che guidano il bambino verso la conoscenza della realtà che lo circonda in termini numerici, indipendentemente dall’istruzione ricevuta o, più in generale, dalle risorse culturali alle quali può attingere. Se così non fosse, il concetto di numerosità dovrebbe risalire ad un qualche Einstein dell’antichità che inventò o scoprì i numeri e il possesso di questo concetto dipenderebbe in maniera decisiva dalla possibilità di accedere ad una formazione appropriata.

Come è possibile allora costruire la numeracy (abilità di calcolo) nei bambini sfruttando queste capacità innate e favorendo lo sviluppo di adeguati atteggiamenti verso il sapere matematico?
In Italia, seguendo il ragionamento che si rifà all’intelligenza numerica sopra citata, l’esperta di psicologia dell’apprendimento Daniela Lucangeli, ha descritto il concetto di subitizing, ovvero percezione a colpo d’occhio, quella capacità di discriminare tra piccole quantità, arrivando ad un numero massimo di oggetti percepibili pari a quattro per i bambini e fino a sei per gli adulti. Per le numerosità più grandi, invece, entra in gioco la cosiddetta stima di grandezze, ovvero il processo di riconoscimento di quantità maggiori di 6/7 elementi. Successivamente, per avanzare nella capacità di manipolare la numerosità, abbiamo bisogno dell’istruzione, ossia degli strumenti concettuali che la cultura in cui viviamo ci fornisce. Questi processi, dunque, non vanno lasciati – come spesso accade – al solo sviluppo spontaneo ma richiedono strategie educative e interventi adatti a potenziarli. Senza questo connubio tra potenzialità innate e opportunità educative il percorso di apprendimento risulta essere difficoltoso, soggetto a intoppi, rallentamenti o veri e propri problemi.

Ecco che entra allora in gioco il Metodo Analogico, un metodo non concettuale e un programma di intervento didattico che applica all’apprendimento la percezione a colpo d’occhio, condizione generale del nostro modo di vivere. Ideato da Camillo Bortolato, insegnante di scuola primaria, questo metodo, unico nel suo genere, parte dal presupposto che i bambini non hanno ancora capacità di astrazione logica del numero come concetto, ma hanno bisogno di vederlo e toccarlo concretamente e pertanto diventa necessario poter utilizzare delle palline raggruppate in cinque gruppi in cui ogni singolo elemento corrisponde ad un’unità con cui i bambini possono lavorare. In questo modo è evidente che è come avere a disposizione molte mani che rendono il numero molto più intuitivo e permettono, di conseguenza, di visualizzarlo in maniera chiara. Ecco anche spiegato perché si chiama analogico, perché l’analogia ci permette di conoscere cose nuove, perché tutto il mondo è costruito su base analogica, cioè come replicazione dello stesso atomo o cellula, perché un bambino nel suo piccolo vede l’estensione del mondo e ne gioisce ad ogni conferma.
Il tutto viene facilitato dallo strumento utilizzato e definito Linea dei 20, fondamentale per sviluppare il calcolo mentale simulando il funzionamento delle mani, come un vero e proprio computer analogico fornito dalla nostra natura. Questo ci insegna a calcolare senza contare.

In definitiva, nella mente del bambino esistono solo delle palline, una semplice riga di puntini chiamati dots (puntini, pallini) ed è attraverso questi che si svolge il calcolo mentale, perché, secondo l’autore, i numeri scritti non valgono nulla e sono solo delle etichette. Proprio per questo l’insegnamento della matematica non può basarsi su una memorizzazione di tipo meccanico, ma deve utilizzare strategie basate sulla comprensione di alcuni principi che permettono di rendere l’apprendimento più economico e più facilmente categorizzabile, cercando altresì di gestire la lezione in aula in maniera tale da ricevere continuamente feedback dai propri allievi, per eventualmente rimodulare l’azione didattica. L’idea è allora quella di fare l’essenziale in classe, di non perdersi troppo nel fare e non abusare di chi ascolta.

Grazie alla sua immediatezza ed efficacia, il Metodo Analogico è utilizzato in tantissime scuole primarie e dell’infanzia e sono già più di un milione i bambini che hanno sperimentato con successo questo metodo estremamente semplice e intuitivo per apprendere.
Inoltre, questo metodo offre agli insegnanti uno strumento per favorire lo sviluppo delle competenze numeriche che hanno come campo privilegiato di applicazione il calcolo mentale senza cifre, dove le quantità sono immagini che possono essere lette “istantaneamente”.

Secondo l’autore è “il modo più naturale di apprendere per mezzo di analogie, inferenze, metafore”, come fanno i bambini che nella loro genialità naturale imparano a giocare, a parlare nuove lingue o usare computer e cellulari prima degli adulti solo osservando come fanno gli altri, senza chiedere spiegazioni. Si tratta di una didattica leggera, non banale, inclusiva perché rispetta i tempi di tutti e di chi ha più difficoltà rispetto ad altri ed essendo la matematica qualcosa di presente dentro di noi, la si può sperimentare già da piccolissimi. Ecco che il Metodo Analogico può allora rappresentare la dissoluzione di quel castello fatto di teorie, quaderni e metodi didattici ormai lontani dalle logiche naturali dell’apprendimento del singolo individuo

Glenda Platania

Info

 

 

 

Bibliografia

Bortolato C. (2015), La via del metodo analogico, Trento, Edizioni Centro Studi Erickson

Lucangeli D., Molin A., Poli S. (2014), I numeri e lo spazio, Strumenti visuospaziali per il conteggio, primi calcoli e tabelline, Erickson

Lucangeli D., Molin A., Poli S. (2013), Intelligenza numerica nella prima infanzia. Attività per stimolare le potenzialità numeriche: dalla quantità alla numerosità (18-36 mesi), Erickson

Butterworth B. (1999), Intelligenza matematica. Vincere la paura dei numeri scoprendo le doti innate della mente, Rizzoli

Sitografia

Bortolato C., Metodo Analogico, 27 Settembre 2017: http://www.camillobortolato.it/index.aspx

Il Metodo Analogico intuitivo, 25 Settembre 2017: http://www.associazionetommaseo.it/node/581

Stanislas Dehaene, L’istinto del numero, 25 Settembre 2017: https://maristellina.wordpress.com/2010/06/27/stanislas-dehaene-listinto-del-numero/

One Reply to “Metodo analogico: quando la matematica a scuola non è più un problema”

  1. Lavorare con chi presenta un DSA mi ha insegnato a riportare la matematica su un piano sempre più di concretezza. Ciò facilita l’apprendimento anche a chi non ha un DSA. Io, per es., cerco di trasformare i concetti matematici in concetti della vita quotidiana; talvolta anche trasformandoli in maniera stravagante. Es. un monomio del tipo 2x diventa per me una coppia di fidanzatini legati da un anellino che sarebbe quel puntino invisibile che lega il 2 con la x e che sta per il segno “per”. Riportare la matematica su un piano di concretezza, di creatività, di esempi tratti dalla vita quotidiana favorisce di gran lunga l’apprendimento di una materia che troppo spesso rimane su un piano di eccessiva astrattezza.

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