È molto diffusa l’idea che se un bambino cresce in una famiglia omogenitoriale potrà manifestare delle problematiche nello sviluppo della personalità e della propria identità di genere. Monica Bonaccorso, autrice del primo saggio italiano sulla famiglia omosessuale, afferma: «Una delle più significative ipotesi che muove la ricerca è che l’omosessualità genitoriale non interferisca nello sviluppo dell’identità di genere, dell’identità sessuale e del successivo orientamento sessuale del bambino. Gli studi dimostrano che l’eventuale omosessualità dei figli non dipende dal comportamento sessuale dei genitori ma da fattori di natura diversa, semmai più legati alla relazione».
La parola “famiglia” deriva dall’italico-osco, faam che significa “casa”. Essa può essere definita come quel luogo in cui vengono svolte le funzioni necessarie alla vita e dove vengono soddisfatti i bisogni fondamentali di protezione e nutrimento. Il termine, nella sua etimologia, non rimanda alla dimensione biologica, bensì a quella relazionale. Oggi sentiamo sempre più spesso parlare di famiglie al plurale, in quanto i cambiamenti avvenuti nella fase storica che stiamo attraversando dimostrano che non possono rientrare nel sostantivo “famiglia” esclusivamente le famiglie eterosessuali nucleari, ovvero quella configurazione considerata “tradizionale”.
Le ricerche ISTAT del 2012 su “Il matrimonio in Italia” dimostrano che i matrimoni sono in costante diminuzione mentre separazioni e divorzi sono in costante crescita (Report ISTAT del 2012, su “Separazioni e divorzi in Italia”); sempre secondo l’ISTAT, nel 2011, circa un milione di persone si è dichiarato omosessuale o bisessuale (Report ISTAT del 2012 su “La popolazione omosessuale nella società italiana”). Queste osservazioni ci conducono a parlare di famiglie, nonostante vi sia la tendenza a considerare anormali tutte quelle conformazioni che si discostano dalla struttura “tradizionale”.
Il primo passo per evitare il rifiuto, la stigmatizzazione e la negazione della presenza nella nostra società di molteplici configurazioni famigliari è quello di adottare una visione pluralista; solo in questo modo riusciremo a riconoscere la presenza di differenze senza negare il carattere multiforme delle famiglie odierne.Possiamo quindi chiederci: ma le famiglie differenti da quella nucleare sono in grado di assolvere alle funzioni genitoriali? Cos’è che fa di un genitore un buon genitore?
Con il termine “genitorialità” si intende un’attività complessa propria di chi è in grado di interpretare i bisogni e di svolgere le funzioni di protezione dell’altro riconoscendone la soggettività in molteplici situazioni. Richiede l’attivazione di competenze di cura sia a livello fisico che a livello affettivo-relazionale. Sulla base di questa definizione, quindi, l’esplicazione della genitorialità e la qualità delle cure non implicano necessariamente la generatività in quanto ci può prendere cura anche di chi non si è generato (come accade nei casi di adozione o affidamento); non implicano la coniugalità perché ci può prendere cura di un figlio anche in assenza della dimensione di coppia, né l’orientamento sessuale in quanto il genitore può avere un orientamento omosessuale e per esempio, prendersi cura dei figli avuti da una precedente unione eterosessuale.
L’orientamento sessuale del genitore non può essere quindi considerato causa di inadeguatezza genitoriale, né un ostacolo nell’esercizio delle funzioni educative dei genitori (Guglielmi, 2014). Secondo il Tribunale di Napoli (sentenza del 28 giugno 2006) «l’omosessualità è una condizione personale e non certo una patologia, così come le condotte/relazioni omosessuali non presentano, di per sé, alcun fattore di rischio o di disvalore giuridico rispetto a quelle eterosessuali; l’omosessualità del genitore non si pone in termini diversi dalle opzioni politiche, culturali, religiose, che pure sono irrilevanti ai fini dell’affidamento ».
Il non riconoscimento di alcune identità di genere e delle diverse tipologie di legami affettivi può minacciare il benessere psicologico di bambini e adolescenti (cfr. Baiamonte, 2014). Ogni ambiente educativo può assumere un ruolo importante nella promozione e nella tutela di queste nuove soggettività di genere. La sfida degli educatori è quella di educare alla pluralità, attraverso svariate strategie e offrendo occasioni di promozione di una cultura delle differenze, rispettosa non solo delle diversità di genere ma anche delle molteplici forme famigliari. L’obiettivo è quello di osteggiare visioni pregiudizievoli e continue stigmatizzazioni, cercando di reinterpretare i “vecchi” modelli famigliari.
Raccontare le differenze attraverso i libri per l’infanzia può essere un’ottima occasione: per esempio, tra i libri che affrontano il tema dell’omogenitorialità in modo significativo, ritroviamo “E con Tango siamo in tre”, scritto da Justin Richardson e Peter Parnall. Il libro si rivolge a bambini e bambine tra i quattro e gli otto anni, e si ispira ad una storia accaduta realmente nello zoo di Central Park di New York. La storia è incentrata su di una coppia di pinguini antartici maschi, Roy e Silo, che si occupa dell’uovo deposto da un’altra coppia. Roy e Silo, tentano di covare un sasso ma senza successo, ritrovandosi così infelici per non poter avere un piccolo di cui occuparsi; finché un custode dello zoo, dopo aver osservato i loro comportamenti, decide di dar loro un vero uovo di cui prendersi cura. Nascerà Tango, il primo pinguino dello zoo con due padri.
Questo libro per bambini offre diverse piste di lettura, a seconda del tipo di interpretazione che l’ascoltatore ne vorrà dare: potrà essere la semplice storia di due pinguini, così come occasione per affrontare il tema delle famiglie omogenitoriali in ottica di una possibile configurazione familiare oppure occasione per i bambini di riconoscersi e identificarsi all’interno di un sistema complesso che può prendere il nome di famiglia. Si tratta di un racconto di accoglienza: solo guardando gli altri per quello che sono realmente riusciremo a stabilire un rapporto di accettazione reciproca. Queste chiavi di lettura ci portano a riflettere su quanto sia importante creare occasioni di formazione affinché servizi per l’infanzia e scuole – così come altri contesti educativi– rappresentino luoghi in cui venga garantito ad ogni bambino e adolescente la possibilità di svilupparsi nel rispetto delle sue specificità e di quelle della sua configurazione famigliare. Educare alle differenze sin dalla prima infanzia significa creare le basi per la divulgazione di un modello culturale di integrazione delle diversità, inteso come condizione essenziale per contrastare qualsiasi forma di discriminazione e pregiudizio.
Federica Leoni
Bibliografia
Baiamonte, C. (2014), La tutela delle soggettività di genere in infanzia e adolescenza. In I diritti dei minori. Percorsi di tutela e protezione. (A cura di) Paola Bastianoni e Maria Teresa Pedrocco Biancardi (2014), Edizioni junior-Spaggiari edizioni srl
Bastianoni B., Simonelli A., Taurino A. (2010), Il colloquio psicologico. Carocci Editore
Bastianoni, P. (2014), Le famiglie oggi: compiti e processi di protezione, in I diritti dei minori. Percorsi di tutela e protezione. (A cura di) Paola Bastianoni e Maria Teresa Pedrocco Biancadi (2014), Edizioni junior- Spaggiari edizioni srl
Bonaccorso, M. (1994) Mamme e papà omosessuali. Roma, Editori Riuniti
Guglielmi, S. (2014), I diritti negati alle famiglie omogenitoriali, in I diritti dei minori. Percorsi di tutela e protezione. (A cura di) Paola Bastianoni e Maria Teresa Pedrocco Biancadi (2014), Edizioni junior- Spaggiari edizioni srl
Sitografia
Cialfi, R. G., (1997) Modelli familiari e relazioni interpersonali in Volti nuovi della famiglia- tra libertà e responsabilità. Claudiana Editrice: http://www.agedonazionale.org/volti-nuovi-della-famiglia-tra-liberta-e-responsabilita/
Report ISTAT del 2012, “Separazioni e divorzi in Italia”: http://www.istat.it/it/archivio/126552
Report ISTAT del 2012, “La popolazione omosessuale nella società italiana”: https://www.istat.it/it/archivio/62168
Tribunale di Napoli, sentenza del 28 Giugno 2006: http://www.articolo29.it/decisioni/tribunale-di-napoli-sentenza-del-28-giugno-2006/
Videografia
non voglio criticare chi ha scritto l’articolo della “collega” -ho la stessa laurea e studiato le stesse materie dell’autrice dell’articolo-ma a mio avviso,nel tentativo di sdoganare certi pregiudizi (a detta sua) si è scritto un articolo incompleto.
anzitutto non si parla,non sò se per errore o volutamente, dell’importanza che il bambino abbia una figuara maschile e femminile di riferimento (cosa che il mio professore di pedagogia ricordava) si fanno riferimenti banali all’omosessualità e al significato di famiglia ma non si parla mai di figure di riferimento
oltretutto molti studiosi hanno pareri contrari alle odozioni omogenitoriali -da simeone a maria rita parsi per dirne solo uno- e uno-simeone- è stato mio professore in Cattolica quindi ne so la competenza
articolo che per apparire gay friendly denuncia molte incompletezze
posto un po di link di articoli sfavorevoli all’adozione omogenitoriale:
http://www.lastampa.it/2013/01/12/italia/cronache/da-noi-troppi-silenzi-la-societa-deve-imparare-ad-aiutare-i-genitori-exhKBGGS8FPbdksejXbyaM/pagina.html
http://www.acpeds.org/the-college-speaks/position-statements/parenting-issues/homosexual-parenting-is-it-time-for-change
https://www.avvenire.it/attualita/pagine/intervista_simeone
https://www.avvenire.it/attualita/pagine/intervista_parsi
https://www.aibi.it/ita/maria-rita-parsi-ma-prima-deve-venire-il-bambino/
https://agensir.it/quotidiano/2017/9/28/famiglie-omogenitoriali-paul-sullins-catholic-university-of-america-studi-a-sostegno-mancano-di-valore-scientifico/
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/se-i-figli-dei-gay-sono-iperattivi-depressi-e-fragili-1453640.html
peccato che solo certi giornali abbiano il coraggio d parlarne
Buongiorno, grazie per il suo interesse. Il mio obiettivo non era offrire una visione assolutistica anzi ben venga lo scambio di idee e punti di riflessione. Il taglio che ho dato all’articolo non penso sia “gay friendly” ma supportato dalla bibliografia, influenzato dalla formazione che ho ricevuto e dalle fonti che ho scelto come punti di riferimento. Accetto di buon grado la critica, ma trattandosi di un articolo e non di un saggio penso di avere la possibilità di prendere una determinata posizione.
L’autrice
Caro tamba84, non esiste nessuna prova scientifica che metta in evidenza un’incidenza maggiore di disturbi fisici o mentali in bambini di coppie omosessuali. Non solo, per quanto possa sembrarti strano, la verità è che non ha proprio senso cercarli, a meno che non si sia ideologicamente schierati contro l’adozione omogenitoriale. La pericolosità di una sostanza, ad esempio, viene presa in considerazione e studiata solo nel momento in cui ci sono evidenze che possano far pensare alla tossicità di tale sostanza. Così anche in questo caso: ci fosse sentore o qualche evidenza che una coppia omogenitoriale potrebbe danneggiare lo sviluppo o la crescita di un bambino allora avrebbe senso verificare, peccato però che questo “rischio” non esista, a meno che non lo si ammetta a prescindere dai dati e sulla base di pregiudizi ideologici. Che infine la mamma e il papà siano importanti in una famiglia eterosessuale come riferimenti per i bambini non significa affatto che se non ci fossero questo potrebbe causare problemi, a meno che non venga dimostrato che nei bambini è presente, innato, un qualche gene che li porta istintivamente ad aver bisogno di due figure di sesso diverso. La cosa ovviamente è dal punto di vista medico infondata e ci sono numerosi studi etno-atropologici che indicano proprio il contrario.