Come tutti sappiamo le società cambiano a seconda delle epoche di cui sono figlie. Tali cambiamenti possono essere paragonati ai processi di adattamento degli organismi a propri ambienti (Cousins, 2014). Il cambiamento sociale comporta la nascita di nuove idee e la creazione di nuovi artefatti materiali e socio-culturali. Questi possono essere definiti come le cose che condizionano la vita delle persone sotto più aspetti: comportamentali, psicologici e strutturali (Cole, 1996).
L’artefatto culturale può essere definito come composto da due parti: quella tangibile e quella intangibile. La prima è la parte più concreta e strutturata, la seconda comprende invece tutto ciò che può essere implicato nella creazione di significati legati all’artefatto stesso (Martos & Martos, 2014). Un esempio di artefatto culturale è sicuramente internet la cui parte tangibile riguarda ciò che appare sui nostri schermi mentre quella intangibile è tutto quello che ha portato nelle nostre vite.
La nostra epoca è stata definita l‘Era della Conoscenza (Toffler, 1997), caratterizzata non solo dai mass media ma anche dai cosiddetti individual media che ci permettono di scegliere i nostri canali di informazione personali, basti pensare ai social network, siti giornalistici, di divulgazione scientifica, podcasts, ecc.
Un esempio di questi profondi cambiamenti ci viene dato dai Nativi Digitali (Prensky, 2001) ossia tutti coloro nati dopo il 1987 (Cavalli, Ferri, Mangiatordi, Scenini, Pozzali, Ledizioni 2010) e, ovviamente, con accesso alle nuove tecnologie. All’interno del più ampio gruppo dei Nativi Digitali vi sono tre sottogruppi: i Nativi Digitali Puri (che nel 2012 avevano dagli 0-12 anni), Millennials (14-18 anni) e Nativi Digitali Spuri (18-25 anni). Una ricerca svolta dal Common Sense Media sostiene che negli Stati Uniti il 39% dei bambini tra i 2 e i 4 anni e il 52% dei bambini tra i 5 e gli 8 anni siano abituati ad usare un tablet o smartphone per giocare (Ibidem).
Al di là del dibattito su chi sia davvero un nativo digitale o le differenze tra i gruppi interni alla categoria, ciò che più interessa è che cosa significa essere nativi digitali.
Partiamo dal presupposto che, ad oggi, gli strumenti tecnologici non vengono utilizzati consapevolmente come tali poiché ormai sono diventati “parte integrante della vita, sia nel lavoro sia nel gioco, e (i nativi digitali, n.d.a) non vedono l’uso della tecnologia come un’opportunità ma, anzi, come strumento fondamentale del funzionamento della vita quotidiana” (Housand & Housand, 2012).
I nativi digitali sono dunque i membri delle nuove generazioni i cui processi cognitivi e la dimensione simbolica del linguaggio sono stati radicalmente trasformati dai nuovi media (Riva, 2014).
Per spiegare come le tecnologie di ultima generazione possano aver apportato cambiamenti nella dimensione cognitiva degli individui è necessario fare un passo indietro e capire, in modo sintetico e generale, cosa siano gli schemi cognitivi. Questi ultimi potrebbero essere definiti come insiemi di caratteristiche salienti o particolari di un’esperienza, evento, fenomeno costruiti dalla nostra mente attraverso l’interazione con l’ambiente, volti a semplificare la complessità della realtà.
Gli schemi permettono di agire in maniera quasi automatica senza un dispendio eccessivo di energia cognitiva ma ottenendo risultati positivi. Quelli che si sviluppano in seguito all‘interazione individuo-tecnologia vengono chiamati brainframe (De Kerckhove 1991), i quali modificano a livello profondo il modo che abbiamo di vedere e percepire il mondo. Chi si occupa di creare le interfacce dei siti web, delle App, dei social network e di vari software lo sa bene e propone all’utente messaggi, simboli, immagini o strutture che devono essere interpretati. L’interpretazione richiesta è basata sul riconoscimento e l’intuizione: una freccia verso il basso indicherà la possibilità di effettuare il download del file, l’immagine di una busta da lettere la possibilità di scrivere un messaggio, una graffetta di poter allegare un file e la rappresentazione di un floppy disk suggerirà la possibilità di salvare il file e così via. Chissà se i più giovani quando usano l’icona per salvare i file, sanno che cosa rappresenta! L’utilizzo intuitivo dei media, veicolato dalla nuova simbologia può liberare il nativo digitale da ragionamenti più profondi che implicano l’uso di risorse cognitive e rende possibile far sì che si concentri su altre opportunità e possibilità che colui o colei che non usa intuitivamente i media non può vedere (Riva, 2014).
Ma i cambiamenti cognitivi non si limitano alla simbologia e all’intuizione. Anche la percezione dei confini corporei e dei luoghi, può variare.
Gli oggetti fisici diventano intuitivamente utilizzabili come se facessero parte del corpo dell’utente. Il corpo dei nativi digitali comprende gli strumenti tecnologici come ad esempio tastiera, smartphone, joystick ecc. (Ibidem). Il nativo digitale inoltre ha una diversa concezione di luogo che non è più solamente quello fisico ma che può essere anche virtuale. È infatti in grado di trasportarsi nel mondo virtuale e immergersi in un’altra realtà.
Ultimo cambiamento è quello relativo alle emozioni e relazioni. Le emozioni non sono solamente incorporate poiché possono essere sì sentite nel corpo ma provenire da una fonte diversa, in questo caso i new media. Le nuove tecnologie inoltre permettono di interagire con persone non fisicamente presenti e, in alcuni casi, di avere relazioni più o meno profonde e intime con qualcuno che non si è mai conosciuto nella realtà ma solo nella virtualità. Ciò ha comportato un cambiamento nella concezione delle relazioni stesse e nel riconoscimento delle emozioni altrui che, per ovvi motivi, non può basarsi sull’interazione faccia-a-faccia, sulle espressioni del viso o l’empatia fisica, fenomeni che permettono di riconoscere gli altri e riconoscere nell’altro se stessi (Riva, 2014).
Le emozioni non passano più attraverso più o meno evidenti movimenti del viso, sguardi e sorrisi ma vengono comunicate con determinate forme di scrittura (Capslock, punteggiatura ecc.) o con l’integrazione di emoji e emoticon che accompagnano il testo.
Chi si occupa di salute e benessere psicologico non può non cercare di comprendere le nuove modalità di interazione, di comunicazione, di pensiero e i nuovi canali attraverso cui passano le emozioni e le nuove relazioni. Si rischia infatti di sottostimare i vissuti psicologici dei nostri contemporanei e non accoglierne le esigenze.
Manuela Pinducciu
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