Viviamo in un contesto sociale in continua evoluzione e questo si ripercuote non soltanto sui cambiamenti nella nostra quotidianità, ma apporta anche delle modifiche alle forme attraverso cui il disagio e la sofferenza vengono espresse. Una nuova condizione problematica in progressiva espansione nella realtà italiana è rappresentata dagli hikikomori, un termine che risuona come distante dalla nostra società, ma sono più di 100 mila i ragazzi in Italia che decidono di rinchiudersi tra le mura domestiche.
Il termine hikikomori è di derivazione giapponese e letteralmente significa stare in disparte, isolarsi. Si riferisce ad una condizione psico-sociale che perdura da almeno sei mesi, riguardante bambini, adolescenti e giovani adulti al di sotto dei 30 anni, e che si caratterizza per una forma estrema di ritiro sociale (Moretti, 2010; Tajan, 2015 ). Questo isolamento generalmente si manifesta nella reclusione all’interno della propria stanza e nell’interruzione volontaria dei rapporti con le altre persone (Ricci, 2008; Tajan, 2015). In Giappone questo fenomeno ha iniziato a diffondersi negli anni ottanta del secolo scorso, ma solo negli anni novanta si è iniziato a studiarlo.
Il Ministero della Salute Giapponese, in uno studio ufficiale del 2003, stabilisce che l’hikikomori non deve essere considerato come una psicopatologia. Studi scientifici che supportano questa tesi evidenziano l’esistenza di un hikikomori primario, ovvero uno stato di isolamento sociale che non deriverebbe da nessuna psicopatologia pregressa o in atto (Suwa, M. & Suzuki, K., 2013). Tuttavia gli studiosi sono concordi nel ritenere che un periodo prolungato di ritiro sociale possa costituire un fattore di rischio per lo sviluppo di diverse forme di psicopatologia.
L’hikikomori si evolve in modo graduale e, se non adeguatamente trattato, può cronicizzarsi. La persona manifesta disinteresse, negatività, paura e malessere nell’instaurare relazioni sociali dirette e, nei casi più gravi, anche virtuali. Sono caratterizzati da un atteggiamento negativo, apatico e di rifiuto nei confronti della scuola o della società nel suo complesso (Loscalzo, Y., Nannicini, C., & Giannini, M., 2018).
Che cosa spinge una persona a scegliere di isolarsi volontariamente?
Non è possibile parlare di cause specifiche, ma di fattori di rischio, ovvero variabili che aumentano la probabilità di sviluppare questa condizione. Tra i possibili antecedenti dell’hikikomori rivestono un ruolo importante le dinamiche familiari. La comparsa dei primi casi di hikikomori in Giappone si contestualizza all’interno di un panorama sociale di grandi cambiamenti. Dopo la seconda guerra mondiale il modello familiare tradizionale giapponese, basato sulla famiglia allargata, subì una profonda crisi e venne sostituito con un modello occidentale in cui il padre trascorreva gran parte del tempo fuori casa e la madre si dedicava all’educazione dei figli (Loscalzo, Y., Nannicini, C., & Giannini, M., 2018).
In queste circostanze, si può ipotizzare che si sviluppi un legame simbiotico tra madre e figlio (Crepaldi, 2013), con una madre iperprotettiva e controllante e un figlio che può diventare depositario di molte aspettative e idealizzazioni. Inoltre, la mancanza della figura paterna può rappresentare un fattore che intensifica l’impatto negativo del legame fusionale madre-figlio sull’indipendenza e l’autonomia durante l’adolescenza (Ricci, 2014).
Anche il bullismo costituisce un ulteriore fattore di rischio per lo sviluppo di hikikomori. Lo studio di Hattori (2005), infatti, ha riportato come il 54% dei ragazzi giapponesi con hikikomori partecipanti al suo studio ricordava di aver subito violenze verbali e fisiche. Uno dei principali fattori che può portare il passaggio dall’esperienza soggettiva di pulsione all’isolamento sociale alla condizione di isolamento conclamato è il progressivo allontanamento dal gruppo di coetanei.
Il fenomeno dell’hikikomori è stato considerato come specificatamente legato alla cultura nipponica. All’interno del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM IV-TR, 2002), l’hikikomori viene presentato come una sindrome culturale, cioè un insieme di sintomi, espressione di un malessere, specifici per il contesto giapponese. Tuttavia, casi di ritiro sociale volontario sono stati identificati in altri stati del mondo e anche in Italia. Per quanto riguarda il nostro paese, le ultime stime parlano di oltre 100 mila casi di hikikomori.
Nel novembre 2018 l’Ufficio Scolastico Regionale emiliano ha pubblicato i risultati della prima ricerca statistica ufficiale in assoluto condotta sul fenomeno degli hikikomori in Italia. L’indagine ha coinvolto 687 istituti primari e secondari, di I e di II grado, distribuiti sul territorio dell’Emilia-Romagna. I casi di ritiro segnalati sono risultati 346, tutti riferiti a ragazzi e ragazze che, dopo aver abbandonato la scuola, si sono isolati nella propria abitazione per motivi psicologici. Quasi il 60% di loro si trova in una fascia di età che va dai 13 ai 16 anni, e si tratta per la maggior parte di femmine, un dato in controtendenza rispetto a quanto emerso dai sondaggi effettuati finora in Giappone sul fenomeno.
Il ritiro sociale durante l’adolescenza ha delle ripercussioni evidenti sia sul piano personale della sofferenza individuale e familiare, sia a livello sociale, in termini di dispersione scolastica e aumento di costi della salute pubblica. Data la peculiarità del fenomeno, è importante riuscire a definire l’hikikomori e distinguerlo da altre condizioni psicopatologiche, in modo tale da diversificare anche gli interventi per poter offrire l’aiuto più efficace a questi ragazzi (Crepaldi, 2016):
- L’hikikomori non è comparabile ai casi di dipendenza dalle nuove tecnologie, dunque è errato associare questo termine a situazioni di dipendenza da internet. L’utilizzo del web è una conseguenza della reclusione in casa, quindi un mezzo utilizzato per trascorrere una parte del loro tempo e che può rappresentare anche l’unico aggancio con il mondo relazionale.
- L’hikikomori non deriva da uno stato depressivo, per cui l’allontanamento dall’ambiente relazionale non é una conseguenza di un tono dell’umore basso.
- L’hikikomori non dipende da una condizione di fobia sociale, in cui riveste un ruolo centrale il timore del giudizio degli altri.
Grandi passi in avanti devono essere fatti nello studio di questo fenomeno per poterne definire le caratteristiche legate allo specifico contesto culturale italiano. La diffusione della conoscenza è il primo obiettivo e ci sono segnali positivi di un’attenzione al problema: il Piemonte si è dotato di uno specifico Protocollo d’intesa, firmato a fine ottobre 2018 dall’Ufficio Scolastico Regionale, la Regione Piemonte e l’Associazione Hikikomori Italia Genitori, segno di una iniziale sensibilizzazione a questa nuova tematica.
Agustina Zaka
Bibliografia
Moretti, S. (2010). Hikikomori. La solitudine degli adolescenti giapponesi. Rivista di Criminologia, Vittimologia e Sicurezza, 4(3), 41-48.
Ricci, C. (2008). Hikikomori: Adolescenti in volontaria reclusione. Milano, Italia: FrancoAngeli.
Tajan, N. (2015). “Social withdrawal and psychiatry: A comprehensive review of Hikikomori”. Neuropsychiatrie de l’Enfance et de l’Adolescence, 63, 324-331.
Suwa, M. & Suzuki, K. (2013). “The phenomenon of “hikikomori” (social withdrawal) and the socio-cultural situation in Japan today”. Journal of Psychopathology,19, 191-198.
Ricci, C. (2014). La volontaria reclusione. Italia e Giappone: Un legame inquietante. Roma, Italia: Aracne.
Hattori, Y. (2005). “Social withdrawal in Japanese youth: A case study of thirty-five Hikikomori clients”. Journal of Trauma Practice, 4, 181-201.
Ranieri, F. (2015). Adolescenti tra abbandono scolastico e ritiro sociale: il fenomeno degli hikikomori ad Arezzo.
Sakamoto, N., et al. (2005). “Hikikomori, is it a culture-reactive or Culture-bound syndrome? Nidotherapy and a clinical vignette from Oman”. Journal of Psychiatry in Medicine, 35, 191-198.
American Psychiatric Association (2002). DSM-IV-TR. Diagnostic and statistical manual of mental disorders (4th edition text revision). Washington, DC: APA.
Sitografia
Crepaldi, M. (2013). Gli hikikomori non si uccidono. Retrieved August 3, 2015, from http://hikikomoriitalia.blogspot.it/2013/07/gli-hikikomori-non-si-uccidono.html
In Piemonte i giovani Hikikomori non saranno bocciati per le assenze. Corriere della Sera. Corriere Torino. https://torino.corriere.it/scuola/19_gennaio_19/piemonte-giovani-hikikomori-non-saranno-bocciati-le-assenze-a9dbd87a-1b62-11e9-a392-0b2e66f10fec.shtml?refresh_ce-cp&fbclid=IwAR0t9j-SCew3ENhtwUnf27hNkIs_zS0Gwfr7AZJTQdZem8QElDxzgzBS-uk
Hikikomori: sindrome culturale internalizzante o ritiro volontario? Riviste Erickson. http://rivistedigitali.erickson.it/counseling/archivio/vol-9-n-1/article/hikikomori-sindrome-culturale-internalizzante-o-ritiro-volontario/
Che cosa NON è l’hikikomori. Hikikomori Italia. https://www.hikikomoriitalia.it/2016/02/cose-e-cosa-non-e-lhikikomori.html