Relazioni aziendali: dal bossing alla violenza

Ogni giorno apprendiamo dai mass media notizie di violenze che avvengono all’interno del nucleo familiare e non, le quali non sono legate solo ad abusi fisici, ma anche psichici. La violenza, nella società umana, è sempre stata presente e si manifesta in tutti gli ambiti della vita quotidiana. Nel XXI secolo il lavoro è il nucleo centrale della vita di ogni uomo, sia dal punto di vista economico sia da quello sociale, perché utilizzato come mezzo per acquisire o aumentare il prestigio personale, ma che cosa succede quando la violenza si presenta all’interno del luogo di lavoro?

Attraverso quali strategie si può evitare?

La violenza sul luogo del lavoro, seppur sia un argomento molto attuale, è poco affrontato ed ha delle ripercussioni sulla vita personale e sulla salute dell’individuo.  Infatti le sue manifestazioni sui lavoratori sono molteplici, per esempio attraverso il demansionamento, la dequalificazione, l’estromissione da corsi di formazione ed aggiornamento, l’isolamento e attacchi diretti o indiretti, fino ad arrivare ad atti che sono puniti dal codice penale.  (Bartolucci, 2010)

Mobbing, bossing e straining sono termini, seppur simili tra loro, che indicano tre differenti tipi di violenze presenti nei luoghi di lavoro.

Il Mobbing si può definire come una persecuzione psicologica, presente sul posto di lavoro, che si attua attraverso condotte vessatorie reiterate e sistematiche da parte di colleghi. Questi comportamenti persecutori hanno come obiettivo quello di discriminare le vittime, attaccare la loro immagine, apportare dei cambiamenti di mansioni, muovere critiche e rimproveri ingiustificati, isolare, sabotare e altre azioni ostili quali per esempio la negazione di ferie e di permessi (Bartolucci, 2010). Mentre il mobbing è un tipo di violenza attuata fra colleghi in maniera costante, nello straining vi è l’assenza di sistematicità nelle attività persecutorie. Invece il Bossing si può definire come un mobbing politico, dove il mobber, ovvero chi compie un’azione di mobbing, non sono più i colleghi, ma i superiori, i quali hanno come scopo quello di far dimettere la vittima (Ashleigh, Mansi, Di Stefano, 2014).

Al fine di poter definire al meglio le situazioni in cui si può parlare o meno di mobbing o bossing, sono stati identificati dei criteri fondamentali per poter parlare di questo fenomeno (Ashleigh, Mansi, Di Stefano, 2014):

  1. il conflitto deve svolgersi sul luogo del lavoro;
  2. le azioni devono accadere con una certa frequenza almeno una volta al mese;
  3. le azioni devono protrarsi per una certa durata, almeno sei mesi;
  4. la vittima è sempre ad un livello di inferiorità o svantaggio;
  5. il conflitto segue un andamento di costante e prevedibile progresso;
  6. l’intento delle azioni deve essere persecutorio.

Al fine di poter evitare queste violenze è opportuno attuare degli interventi di prevenzione indirizzati sia all’azienda sia ai singoli individui, in modo da evitare la trasformazione di un conflitto irrisolto in un caso di mobbing o bossing.

Nelle aziende italiane, dove il conflitto viene nascosto e viene ignorato, si vengono a creare malumori, scontentezze che gettano le basi per l’instaurarsi del mobbing, invece nelle aziende tedesche esistono delle stanze del conflitto, in cui i dipendenti possono riunirsi per discutere e chiarire i problemi; questo permette il ridursi degli atti di violenza e ciò incide, in maniera positiva, sull’azienda. (Bartolucci, 2010).

Nelle aziende, al fine di evitare spiacevoli conseguenze, è opportuno creare dei programmi di formazione con l’obiettivo di prevenire, curare, assistere ed intervenire sul mobbing in modo che questo causi il minor numero di danni possibili. Tutte le violenze presenti in ambito lavorativo producono delle conseguenze a livelli psichici quali depressione, attacchi di panico ed ansie che influiscono sul clima aziendale e, di conseguenza, negativamente sulle relazioni aziendali e nella produzione. Dunque è utile agire alla base dei problemi con interventi che hanno come obiettivo la de-emozionalizzazione di un conflitto irrisolto in modo tale da apportare benefici all’azienda e all’individuo (Bartolucci, 2010).

Ogni situazione di mobbing o bossing è unica nel suo genere, perciò non è possibile dare delle indicazioni che vadano bene per tutti, però si può fare riferimento a delle linee guida che possano rendere più semplice il superamento di queste situazioni e si basano su (Ashleigh,, Mansi, Di Stefano, 2014):

  • miglioramento della comunicazione con i colleghi e le colleghe e con chi gestisce le risorse umane;
  • acquisire empowerment, maggior autostima;aumentare la consapevolezza del rispetto dovuto a tutte le persone;
  • essere informati sul problema e sulle conseguenze.

 

Serena Rizzo

Info

 

Bibliografia

Ashleigh, M., Mansi, A., & Di Stefano, G. (2014). Psicologia del lavoro e delle organizzazioni, Pearson.

Bartalucci, T., (2010). Conoscere, comprendere e reagire al fenomeno del mobbing. Comitato Pari Opportunità dell’Università degli Studi di Firenze

Guariniello, R., (2018).  Molestie e violenza anche di tipo sessuale nei luoghi di lavoro. Wolters Kluwer Italia.

Negri, Matteo (1997). La violenza psicologica sul luogo di lavoro: il mobbing.

Sitografia

https://www.milleunadonna.it/green/rubriche/livolsi/articoli/4262/il-fenomeno-organizzativo-del-bossing-cosa-lo-distingue-dal-mobbing-/

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